“A volte ci succede di aspettare qualcosa senza neanche accorgercene, sedendo alla finestra un anno dopo l’altro, come cercando il postino all’orizzonte, in vista di una lettera importante. Lo capiamo solo aprendogli la porta, quando ci guarda dritto in viso. C’è il desiderio che qualcosa accada e c’è l’attesa colma di speranza. Come nel nome di Wàng Dì 望弟, ‘che dà il benvenuto a un fratello’. L’attesa per qualcuno che ancora non c’è. Che potrebbe anche non venire mai, ma che tutti aspettano con ansia.”

“Storia della nostra scomparsa” di Jing-Jing Lee, edito in Italia da Fazi Editore nella traduzione di Stefano Tummolini, racconta una pagina nera della storia del Novecento, un dramma dentro il grande dramma, quello delle 慰安妇 (wèi’ānfù), donne di conforto che “servivano” i soldati giapponesi durante la Grande Guerra. In questo caso si parla dell’isola di Singapore, occupata dall’esercito nipponico, ma le stesse violenze sono state perpetrate ai danni di donne di molti altri paesi del Sud-Est asiatico.

La storia di Wang Di durante i primi anni Quaranta, il suo rapimento da parte dell’esercito giapponese, la reclusione nella casa di conforto durata due anni, la fine della guerra, si interseca con quella di Wang Di anziana, che non ha mai rivelato a nessuno il suo enorme, mastodontico segreto. La terza voce è quella di Kevin, giovane ragazzo di origini cinesi nella Singapore odierna, la cui nonna ha anche lei celato un gigantesco segreto per tutta la vita…

La crudezza delle parti di Wang Di giovane è dunque intervallata dalla semplicità, seppure intrisa di rammarico, delle parti contemporanee. Tuttavia, a mio avviso, più che dare un attimo di respiro dalle atrocità, queste parti moderne ci lasciano col fiato sospeso, appesi a un filo, con l’ansia di ritrovare la giovanissima Wang Di (che aveva solo diciassette anni quando fu rapita dai soldati) e di capire quale sarà la sua sorte.

Un libro forte, un pugno nello stomaco, una lettura imprescindibile. E, proprio nella citazione in apertura, mi ritrovo. Ritrovo la me stessa di oggi, in balia di questa situazione più grande di noi, in attesa di non si sa neanche cosa. Di tornare alla vita com’era prima non ho mica tanta voglia… Quindi sono in attesa di un grande cambiamento.

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