Traduttrice editoriale SV>IT, DA>IT, EN>IT specializzata in letteratura infantile, young adult e fumetti

Mese: Febbraio 2021

“Finale” di Stephanie Garber

Anche se è passato un po’ da quando ho finito di leggerlo, ecco finalmente le mie riflessioni su “Finale” di Stephanie Garber, tradotto in italiano da Maria Concetta Scotto di Santillo per Rizzoli.

Dopo l’ascesa del mio gradimento da “Caraval” a “Legend”, un po’ temevo che questo terzo capitolo mi deludesse, che la storia diventasse trita e ritrita, ma devo dire che Stephanie Garber se l’è cavata egregiamente.

Il punto di vista e il soggetto narrativo questa volta saltano da Rossella a Donatella. L’autrice, infatti, intervalla uno o più capitoli in cui seguiamo una sorella con quelli in cui seguiamo l’altra.

Le storie d’amore, che alla fine di “Legend” erano ancora confuse, prendono forma definita a mano a mano che la trama si dipana e l’intreccio dell’avventura si intrica per poi risolversi in maniera sensata.

Cercando di non fare troppi spoiler, per chi non avesse ancora letto i primi due capitoli, posso dire che siamo ancora a Valenda, ma come in un videogioco in cui vengono sbloccati nuovi luoghi la città si apre ancora di più al nostro sguardo. Infatti, con la liberazione dei fati, anche oggetti e luoghi fatidici sono nuovamente accessibili. Fanno dunque parte del gioco non solo il Principe di Cuori, ma anche la Stella Caduta, l’Assassino, la Regina Non-Morta, l’Avvelenatore e molti altri, e luoghi come il Serraglio, la Biblioteca Immortale e il Mercato Scomparso assumono un ruolo fondamentale. Senza la Chiave Illusoria o la Mappa di Tutto, poi, la storia non avrebbe senso. Scopriamo ancora di più sulla storia di Paloma, o Paradise, la madre delle due sorelle Dragna. E le implicazioni di queste scoperte determineranno il destino di tutto l’Impero di Mezzo.

Come per gli altri due volumi, ho trovato eccessivo il riferimento a vestiti, scarpe e fiori, ma questo non mi ha impedito di apprezzare moltissimo la storia e il world building. Un ottimo libro, nel suo genere. Il mio preferito della trilogia rimane “Legend”, ma “Finale” è un finale degno, se mi passate il gioco di parole.

E non dimenticate: è solo un gioco, ma tutti i giochi hanno una fine!

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“L’uomo in fuga” di Stephen King (Richard Bachman)

È appena partita la prima tappa del mio #gdlscopriamostephenking e già non vedo l’ora di parlarvi del romanzo distopico “L’uomo in fuga” del grande maestro dell’horror.

“L’uomo in fuga”, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer nella traduzione di Delio Zinoni, uscì per la prima volta nel 1982 sotto lo pseudonimo Richard Bachman, che Stephen King utilizzò per cinque romanzi prima di essere riconosciuto. Come dice lui stesso nella prefazione “Perché ero Bachman”: «Credo di averlo fatto per raffreddare un po’ l’atmosfera, per fare qualcosa nelle vesti di qualcuno che non fosse Stephen King. Credo che tutti i romanzieri siano incorreggibili mistificatori ed è stato divertente essere qualcun altro per un po’, nel mio caso Richard Bachman».

Corre l’anno 2025 e gli Stati Uniti sono dilaniati dal divario sociale, dall’inquinamento atmosferico, dalle malattie croniche e dalla violenza. La popolazione è tenuta a bada dalla tri-vù – televisione tridimensionale che ogni famiglia deve avere in casa per legge – e dai Giochi che si susseguono incessantemente sugli schermi. Nei Giochi – che hanno nomi tipo Macinadollari, Scavati la fossa, Pistole allegre – i poveri, gli storpi e i malati, la “feccia” della società, gareggiano gli uni contro gli altri spesso per un pugno di dollari. L’uomo in fuga e protagonista del libro è Ben Richards, 28 anni, un metro e ottantotto, quoziente di intelligenza Weschler 126. Richards vive con la moglie Sheila e la figlia Cathy, di diciotto mesi e gravemente malata d’influenza, a Co-Op City, quartiere povero e violento della città di Harding. Dopo essersi licenziato da un lavoro presso la General Atomics che gli avrebbe garantito una morte lenta e la sterilità, Richards non ha più soldi per sostenere la famiglia e la moglie Sheila è costretta a prostituirsi per comprare alla figlioletta le medicine più scadenti al mercato nero. Esasperato dalla situazione, Ben Richards decide di andare al grande Games Building per candidarsi ai Giochi.

Vista la sua forma fisica e la sua intelligenza, Ben viene scelto per il Gioco più remunerativo, ma anche più pericoloso, L’uomo in fuga. Lo svolgimento è semplice: il concorrente, dopo dodici ore di vantaggio e con in tasca una bella somma di denaro, deve riuscire a scappare e non farsi trovare dai Cacciatori, assoldati dalla Rete per ucciderlo. Chiunque fornisca informazioni sul concorrente in fuga viene ricompensato. Per ogni ora di sopravvivenza, il concorrente guadagna cento nuovi dollari. Se riesce a resistere per trenta giorni (cosa mai successa nella storia dei Giochi), ne guadagna un miliardo.

E così, scandita dai 101 brevissimi capitoli intitolati “Meno 100..”, “Meno 099…” fino ad arrivare a “… 000”, seguiamo l’avventura al cardiopalma di Richards. Ovviamente sarà violenta, terribile, ansiogena.

Per non fare spoiler sul libro, chiudo con una riflessione sulla aspra critica alla società che permea il romanzo: Stephen King, qui, ha certamente voluto seguire le tracce di maestri e capostipiti della distopia come Aldous Huxley e George Orwell, mettendo in prosa ragionamenti sul futuro del mondo e della specie umana. Inquinamento, violenza, razzismo, disuguaglianze sociali e l’effetto negativo della televisione sono solo alcuni dei temi che ricorrono nelle pagine di questo libro. Nonostante ciò “l’uomo in fuga”, come lo stesso King afferma, «non è nient’altro che una storia, [che] procede alla velocità ridicola di un film muto e tutto quello che non è storia viene allegramente buttato». Ma in quella ridicola velocità, in quella che “non è nient’altro che una storia” c’è tanto, tanto di più.

Al momento direi che è il libro migliore del 2021. Ma l’anno è ancora lungo, chissà quali altri piaceri letterari mi riserverà!

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Astrid Lindgren

Astrid Lindgren alla sua scrivania nell’appartamento di Dalagatan 46 – © Astrid Lindgren Company

Astrid Anna Emilia Ericsson (nota al mondo con il cognome da sposata, Lindgren) nacque il 14 novembre 1907 nella fattoria di Näs, vicino a Vimmerby, nella regione dello Småland. Qui – in un vero e proprio idillio di campagna svedese, non molto diverso dalle ambientazioni di Emil o di Bullerby – passò l’infanzia con il fratello maggiore Gunnar e le sorelline Stina e Ingegerd. Lei stessa, nel libro autobiografico sui suoi genitori intitolato “Samuel August di Sevedstorp e Hanna di Hult”, ha descritto la propria infanzia così: «Giocavamo e giocavamo e giocavamo, è un miracolo che non siamo morti dalle giocate».

Da sx: Samuel August (padre), Ingegerd, Astrid, Stina, Gunnar e Hanna (madre) – © Astrid Lindgren Company

Un’infanzia pacifica che lasciò il posto a un’adolescenza travagliata. Già nel 1921 un suo racconto apparve sul giornale locale, il Wimmerby Tidning, e in paese cominciarono a chiamarla “la Selma Lagerlöf di Vimmerby”. Tra il 1924 e il 1926 lavorò per quello stesso giornale e quando, nel 1926, rimase incinta del caporedattore, un uomo sposato, decise di trasferirsi a Stoccolma per evitare lo scandalo. Il figlio Lars nacque a dicembre 1926 a Copenaghen e Astrid fu costretta a lasciarlo presso una famiglia affidataria per i primi anni di vita.

La giovane Astrid a dx, vestita con abiti maschili – © Astrid Lindgren Company

Nel 1928 Astrid cominciò a lavorare per il KAK, il Club dell’Automobile Reale, come segretaria di Sture Lindgren, suo futuro marito. Nel 1930 riportò in Svezia il figlio Lars, che stette per un anno dai nonni a Vimmerby. Nel 1931, finalmente, Astrid e Sture si sposarono e la futura scrittrice riuscì a portare suo figlio a Stoccolma, nell’appartamento di Vulcanusgatan 12. Karin, figlia di Astrid e Sture, nacque nel 1934. Nel 1941 la famiglia si trasferì nello storico appartamento di Dalagatan 46, dove Astrid Lindgren visse e lavorò fino alla morte.

Negli anni a venire alcune sue fiabe vennero trasmesse per radio, ma fu solo nel 1944 che il suo libro “Le confidenze di Britt-Mari” (tradotto in Italia da Laura Cangemi per Mondadori) vinse il secondo premio di un concorso indetto dalla casa editrice Rabén & Sjögren, segnando così il debutto ufficiale di Astrid Lindgren come scrittrice.

Nello stesso anno, Astrid scrisse le avventure di Pippi Calzelunghe per regalarle alla figlia Karin nel giorno del suo decimo compleanno. Contestualmente, inviò anche il manoscritto alla casa editrice Bonniers, che lo rifiutò.

L’anno successivo, il 1945, segnò un vero e proprio anno di svolta nella sua vita. Astrid Lindgren, infatti, inviò il manoscritto di “Pippi Calzelunghe”, rivisto in più punti, al concorso indetto dalla Rabén & Sjögren e vinse il premio come miglior libro fascia 6-10 anni. Nell’anno successivo, poi, la casa editrice la assunse come redattrice per la letteratura infantile.

Astrid Lindgren alla Rabén & Sjögren – © Astrid Lindgren Company

Dal 1946 in poi le sue giornate erano strutturate all’incirca così: la mattina stenografava i propri libri a letto e poi li trascriveva a macchina, il pomeriggio lavorava come redattrice per la Rabén & Sjögren e la sera leggeva i manoscritti di altri autori per la casa editrice.

Dal 1970, dopo essere andata in pensione come redattrice, Astrid Lindgren cominciò a essere molto presente nei dibattiti culturali e politici della Svezia, esprimendo la propria opinione, spesso scomoda, ogni volta che riscontrava un’ingiustizia o una falla nella società. Memorabili furono la fiaba “Pomperipossa in Monismania”, che denunciava l’assurdità delle sistema delle tasse svedesi, e la Lex Lindgren, la legge sui diritti degli animali che il primo ministro Ingvar Carlsson le dedicò nel giorno del suo ottantesimo compleanno e che lei considerò per nulla soddisfacente. Anche il discorso pronunciato alla cerimonia di premiazione del Premio per la Pace dei librai tedeschi, assegnatole nel 1978, segnò la storia. Successivamente pubblicato con il titolo “Mai violenza!”, il discorso è un’aperta accusa contro la violenza domestica a danno dei bambini e le punizioni corporali e psicologiche di ogni tipo. Ebbe un effetto dirompente, tanto che l’anno successivo in Svezia fu istituita una legge apposita tutt’oggi in vigore che vieta ogni tipo di punizione corporale contro i bambini.

Astrid Lindgren come opinionista – © Astrid Lindgren Company

Astrid Lindgren smise di scrivere solo nel 1992, quando non riusciva più a battere a macchina i propri manoscritti, e nell’arco della sua lunga e prolifica vita scrisse 34 romanzi, tre raccolte di racconti e 41 albi illustrati. Numerosi sono poi i libri usciti come raccolte o come albi illustrati tratti dai romanzi, anche dopo la sua morte, avvenuta nel 2002. Oltre a questi, Astrid scrisse circa 30 sceneggiature per le serie tv e i film tratti dai suoi libri: in alcuni casi, come per “Vacanze all’isola dei gabbiani” (edito in Italia da Salani nella traduzione di Laura Draghi), uscì invece prima la serie tv e poi il romanzo. Nell’ambito della produzione cinematografica, inoltre, Astrid Lindgren scrisse numerosissimi testi di canzoni per le colonne sonore dei suoi film.

I libri di Astrid Lindgren hanno venduto finora più di 165 milioni di copie e sono stati tradotti in più di 100 lingue!

Astrid Lindgren con alcune delle sue opere tradotte – © Astrid Lindgren Company

Di Astrid Lindgren ho curato l’edizione integrale italiana di Pippi Calzelunghe, pubblicata da Salani nel 2020 in occasione del 75° anniversario della prima pubblicazione del romanzo; l’albo illustrato Conosci Pippi Calzelunghe?, pubblicato da Nord-Sud edizioni nel 2020; l’albo illustrato a fumetti Pippi scappa di casa, pubblicato da Nord-Sud nel 2021; il libro di ricette In cucina con Pippi Calzelunghe, pubblicato da Salani nel 2023; a più mani, le due raccolte di racconti Greta Grintosa e Peter e Petra, pubblicate da Iperborea nel 2017 e nel 2018; l’albo Quando Johan trovò una vitellina, illustrato da Marit Törnqvist e pubblicato da Camelozampa nel 2021. Ho inoltre curato Tutto dormirà, illustrato da Marit Törnqvist e pubblicato da Camelozampa nella traduzione poetica di Chiara Carminati.

Io alla scrivania di Astrid Lindgren nel suo appartamento storico in Dalagatan 46, Stoccolma
Io a Näs, la casa natale di Astrid Lindgren a Vimmerby – © Pia Eriksson